False speranze

Anche se a volte non sembra, non faccio parte del partito dei catastrofisti e dei pessimisti, anzi sono un ottimista per natura. Ma so anche che con il solo ottimismo non si va da nessuna parte e che in economia le cose non vanno meglio se ci sforziamo con mille appigli di piegarle ai nostri desideri.

Così oggi, come ieri e come anche qualche mese fa, c’è sempre qualcuno che vede segnali di ripresa in alcuni dati non così negativi come si attendevano gli analisti. Normalmente sono quegli operatori economici, a vario titolo, che non hanno capito che questa crisi non è una crisi come le altre ma è una crisi di sistema e che non bastano le solite ricette per superarla.

Nè le banche centrali, nè i governi, pur avendo immesso nel sistema migliaia di miliardi hanno aggredito al cuore il problema. Si sono limitati a iniettare nel paziente dosi massicce di droga che abbassa la febbre ma non guarisce e non cura le cause della orribile malattia. Le condizioni che hanno determinato la tempesta perfetta sono ancora lì, intatte.

Un sistema costruito su una crescita finanziaria sempre più globale, fondata sulla moltiplicazione infinita del debito e su consumi senza limiti da una parte e dall’altra un progressivo impoverimento della maggioranza della popolazione che per consumare aveva sempre più bisogno di fare mutui, prestiti e nuovi debiti. I ricchi sempre più ricchi e il resto dell’umanità o a vivere al di sopra delle proprie possibilità o a produrre nei paesi emergenti e del terzo mondo sottocosto e morendo di fame. Una bolla di sfruttamento e schiavitù prima che di subprime e di prodotti più o meno strutturati.

Questo sistema non poteva durare, è esploso ed è fallito. La caduta è lenta ma inesorabile, fatta di discese e rimbalzi. Ci sarà un fondo ma non una fine a breve termine. Nel futuro vedo più di ogni altra ipotesi un lento declino a forma di L, come teme Roubini, il Giappone della decade perduta. Non escludo che, seguendo i suoi cicli produttivi – la stagionalità, lo svuotamento e la ricostituzione delle scorte di magazzino – l’economia possa dare segnali di ripresa in questo grigio inizio di primavera.

Questo non significa, come ci dice anche il Nobel per l’economia Paul Krugman, che il peggio sia passato. Guardate il grafico della Grande Depressione: ci fu una pausa nella discesa della produzione industriale nei primi mesi del 1931 e molti tirarono un sospiro di sollievo. Si sbagliavano. E oggi come allora non ci sono dati macroeconomici fondamentali che possano farci sperare in un duraturo cambio di direzione, nè per quest’anno nè per il prossimo.

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Published by bernspan

A former employee of a bank that no longer exists. Un ex-dipendente di una Banca che non esiste più.

3 thoughts on “False speranze

  1. Speravo che il G20 potesse essere una risposta CONCRETA a questa crisi … alla fine andrà a finire che ognuno pensi per se e quando la nave affonderà non sarà sicuramente il capitano l’ultimo a restare….(quanto vorrei conoscere il momento in cui si raggiungerà il fondo ..ma credo che chiuque abbia qualche euro messo da parte vorrebbero saperlo…)

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  2. é talmente grave la situazione che non si sa più dove guardare per attaccarsi a un filo di speranza.Cosa dire ai propri figli giovani laureati senza lavoro e senza speranze?Cosa consigliare?……Il mondo sta veramente cambiando ,ma dove va???

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  3. il mondo peggiorerà e basta da ora in avanti, inteso come stili di vita e condizioni di lavoro, servizi etc. L’italia poi col suo debito e la sua popolazione anziana è destinata a collassare, da mo’.Un pessimista convinto dalla realtà quotidiana.Un DECRESCITA non voluta ma imposta ci attende.Lo vendono l’ottimismo da qualche parte… chissà che prezzi!ciao.

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